Fresco o essiccato, il pistacchio è uno degli ingredienti più preziosi della cucina siciliana tanto che per il suo valore questo frutto si è guadagnato l’appellativo di “oro verde”
In occasione della Giornata mondiale del pistacchio che si celebra ogni 26 febbraio, vi presentiamo il re indicusso della tradizione gastronomica siciliana: il pistacchio di Bronte. Protagonista di mille golose ricette tradizionali e di rivisitazioni creative, il pistacchio verde etneo è una risorsa inimitabile la cui storia è radicata nella cultura e nella tradizione dell’isola. Se siete dei veri appassionati, questa è una buona occasione per conoscere meglio la storia e i segreti di questo incredibile frutto che tanto amiamo.
Il pistacchio , in dialetto “frastuca”, è una pianta longeva che vive sino a 300 anni. A Bronte e dintorni ha trovato il suo luogo ideale. Le sue origini però sono più a Oriente, nell’antica Persia, ed è sbarcato in Sicilia insieme agli Arabi. La varietà che nasce e cresce a Bronte presenta caratteristiche peculiari e uniche che lo distinguono da tutte le altre specie, anche da quelle coltivate nella stessa regione: quella etnea è l’unica in Italia in cui si produce la “pistacia vera”. È forse il terreno vulcanico a renderlo così particolare. È qui che cresce, infatti, nonostante un terreno arso dal sole e dal fuoco, tra la maestosità dell’Etna e i monti Nebrodi: un habitat naturale favorevole a questa pianta resinosa, dalla chioma folta, che non ha bisogno né di molta acqua, né di particolari trattamenti, capace di aggrapparsi ai versanti più ripidi e scoscesi grazie ai suoi rami nodosi e alle sue radici profonde. Per questo viene chiamata “spaccasassi”. La raccolta, che avviene ogni due anni (in quelli dispari per la precisione) tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, è un momento magico in cui si rinnova un rito collettivo che coinvolge tutta la popolazione di Bronte: donne, uomini, anziani e bambini; tutti si arrampicano a snocciolare, uno ad uno, questo frutto prezioso, dalla buccia color avorio che racchiude al suo interno un trionfo di sfumature colorate, dal verde pastello al violaceo.
Viste le sue singolari caratteristiche, le sue proprietà nutritive e organolettiche, unite a un gusto e a un aroma unico e inconfondibile, nel 2009 il pistacchio di Bronte ha ottenuto dall’Unione Europea il marchio D.O.P. Stabilita, innanzitutto, la zona di coltivazione delle piante, che deve avvenire nei comuni di Bronte, Adrano e Biancavilla, e regolate le tecniche di produzione, di raccolta e l’etichettatura, si tenta così di tutelare anche gli amanti di un prodotto che conquista i palati di chiunque arrivi in Sicilia per conoscere i sapori e i segreti di una terra magica. Un viaggio nella parte orientale dell’isola, tra lo Stretto di Messina, i ricchi scenari dell’Etna, dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco, e la provincia di Catania, non potrà prescindere da un percorso lungo le vie dell’oro verde di Bronte che permette di conoscere una parte importante della tradizione enogastronomica siciliana.
A partire dai celeberrimi cannoli, che si possono farcire con crema al pistacchio, preparati e consumati freschi in bar e pasticcerie, al meraviglioso gelato al pistacchio, pastoso e raffinato, alla granita, ai torroncini e al classico buccellato dove si mescola con mandorle, frutta candita e fichi secchi, anch’essi sapori tipici della tradizione dolciaria locale. Si può usare pure sottoforma di granella per guarnire dolci. Ma il pistacchio di Bronte è un ingrediente usato persino per le salse salate, come il pesto, o un elemento adatto a insaporire salumi e carni. A celebrarne l’uso in cucina, ogni anno, a fine settembre, si svolge in alcune piazze e vie del centro storico di Bronte la “Sagra del Pistacchio”, che attira e conquista migliaia di turisti, provenienti da tutto il mondo.
Il pistacchio verde di Bronte Dop è un prodotto davvero di nicchia, rappresenta appena l’un per cento della produzione mondiale di pistacchio, ma è l’unico a possedere alcune caratteristiche molto apprezzate da chi lo usa nell’alta cucina, in pasticceria e in gelateria: il colore verde intenso, la forma allungata, la morbida consistenza, il sapore aromatico e l’alto contenuto di acidi grassi dei frutti non hanno riscontro in altri tipi di pistacchio.
Nel 2021 la produzione certificata di frutto in guscio è stata di 2.100 tonnellate, poco più di 1 punto percentuale di quella mondiale, dove colossi come Stati Uniti e Iran la fanno da padrone. Lì la coltivazione dei pistacchi è un’arte millenaria e sono stati proprio gli arabi a portare questa coltura nell’isola. La prima cosa da specificare è la zona di raccolta, non limitata certamente al solo comune di Bronte, che vanta invece un’estensione di 250 km² e una popolazione di meno di 19.000 abitanti. L’area di coltivazione si estende anche ai comuni di Adrano e Biancavilla, ma solo nelle parti aderenti alle zone pedemontane e non in tutto il comprensorio. I campi coltivati si estendono così per un totale di circa 1500 ettari. Poca cosa se paragonata, ad esempio, alla zona della nocciola del Piemonte IGP che vanta un’estensione superiore ai 6000 ettari.
Davanti alla villa si stendeva per ettari e ettari, una gigantesca pistacchiera, centinaia di alberi di pistacchio. E il pistacchio è sempre costato parecchio. Allora mia zia decise di chiudere il cancello della pistacchiera, cioè della parte nobile della tenuta, nella convinzione alquanto strampalata che, sin quando la pistacchiera fosse rimasta in salvo, la guerra a casa sua non sarebbe entrata.
(Andrea Camilleri, ricordando la guerra del 1943 in Sicilia tra tedeschi e alleati)