Dalla sacralità alla tavola: scopri i simboli e i segreti della tradizione del presepe napoletano
Il presepe, più di una semplice rappresentazione artistica della Natività di Gesù, è un simbolo profondamente radicato nella cultura e nella spiritualità italiana, un tesoro di significati e tradizioni che si snoda attraverso i secoli. La storia del presepe comincia con San Francesco d’Assisi nel XIII secolo. Fu lui a creare la prima rappresentazione vivente della natività a Greccio, un evento che segnò l’inizio di una tradizione destinata a evolversi e a diffondersi in tutto il mondo cristiano.
Oltre a essere una rappresentazione della nascita di Cristo, il presepe è un potente simbolo di umanizzazione del divino – con la sua inclusione di figure e scenari quotidiani, porta il sacro nel contesto della vita comune – rendendo la storia della natività più accessibile e vicina al cuore delle persone. Inoltre, il presepe è un forte promemoria delle radici cristiane dell’Italia e un veicolo per trasmettere valori di umiltà, speranza e gioia.
Il Presepe Napoletano: Uno Specchio dell’Umanità
La tradizione del presepe napoletano è un capitolo straordinario nella storia dei presepi, un esempio luminoso di come una tradizione religiosa possa fondersi con l’arte popolare e diventare un simbolo culturale distintivo di una città e della sua gente – in particolar modo quello di San Gregorio Armeno, dove le statuine sono note in tutto il mondo per la sua incredibile bellezza e complessità – è una vera e propria celebrazione della vita, dell’arte e della fede. La sua storia affonda le radici nel XVIII secolo, sotto il regno di Carlo III di Borbone, un periodo in cui Napoli fioriva come uno dei centri culturali e artistici più importanti d’Europa.
Il presepe napoletano non è solo una rappresentazione della Natività è anche un’espressione dell’identità e della storia di Napoli: attraverso la sua ricca simbologia e la rappresentazione della vita quotidiana, il presepe diventa un mezzo per esplorare temi di fede, cultura, storia e tradizione gastronomica. Il cibo presente nel presepe è un simbolo potente, rappresenta non solo l’abbondanza ma anche una forma di resistenza e riscatto sociale.
Le feste popolari, scandite dal ciclo annuale e segnate da grandi abbuffate, rappresentano il piacere dell’eccesso e la trasgressione alimentare: questi momenti di gioia collettiva e di indulgenza culinaria sono un rovesciamento temporaneo dell’ordine sociale, dove il cibo diventa simbolo di riscatto per i meno fortunati ma anche un significato teologico profondo. Sant’Agostino afferma che Cristo, adagiato nella mangiatoia, diventa nostro cibo, il “pane della vita”.
I 12 venditori di cibo
Il legame tra il cibo materiale e il cibo spirituale è una chiave interpretativa fondamentale nel contesto del presepe napoletano e la presenza dei venditori di cibo rappresenta un elemento distintivo che non soltanto arricchisce la scena con un tocco di realismo e simbolismo ma porta anche con sé significati più profondi. I venditori di cibo sono 12 come dodici sono i mesi dell’anno, ognuno di loro ha una grande importanza all’interno della galassia codificata del presepe ed è per questo che è sempre importante che ci siano tutti. Vediamoli allora tutti e scopriamo quali sono: a gennaio colleghiamo il macellaio e salumiere. In questo mese, infatti, nel XVIII secolo si macellavano i maiali che servivano a dare da mangiare agli abitanti del regno. A febbraio si vendevano i prodotti caseari ed ecco perché a rappresentare questo mese troviamo proprio il venditore di formaggi.
A marzo è collegato il venditore di polli e galline perché era il mese in cui venivano comprati questi animali da far crescere e usare nella fattoria e come cibo durante il periodo di pasqua e pasquetta. Ad aprile inizia la primavera, la natura rinasce e ricomincia il ciclo della vita ed è per questo che troviamo il venditore di uova a rappresentare questo mese, per l’appunto l’uovo rappresenta la vita che si genera e nasce. A maggio, invece, vi sono gli sposini con il loro tradizionale cesto di frutta. Durante l’antichità questo era il mese dei matrimoni. Il mese di giugno invece rappresenta l’eucarestia, la mietitura del grano e il frutto del lavoro dei braccianti ovvero il pane ed è per questo che a rappresentarlo troviamo proprio il panettiere; il panettiere evoca però anche i morti con il pallore della farina ed è per questo che simboleggia l’alternanza tra la vita ovvero il pane e la morte ovvero il biancore della farina di grano.
Il venditore di pomodori rappresenta invece il mese di luglio, in questo mese infatti si raccoglieva questo importante ortaggio che nel XVIII secolo era definito oro rosso per la sua importanza, rappresenta inoltre la vicinanza del popolo napoletano con quello spagnolo fu infatti la dominazione spagnola a portare dall’America del Sud il pomodoro a Napoli e in Italia. Ad agosto si vende l’anguria ed è per questo che a rappresentarlo vi è proprio il venditore di angurie, perfino nella bibbia è citato questo frutto mentre settembre è rappresentato dal venditore di fichi – simbolo di fertilità e benessere ma anche lussuria, peccato e morte. Anche perché a settembre ricomincia l’autunno e la vita comincia a scemare fino all’arrivo dell’inverno.
A ottobre viene rappresentato dal Vinaio anche lui un personaggio estremamente dualistico che rappresenta la santità del vino e del cibo all’intero della tradizione cristiana. A novembre i venditori di castagne arrivavano in città ed è per questo che il venditore di castagne rappresenta questo mese, nella codificazione della tradizione questo personaggio rappresenta il corretto uso del tempo quindi l’oculatezza delle scelte virtuose perché le castagne per essere buone devono venir raccolte e poi conservate correttamente. Infine, l’albero di castagno rappresenta l’unione maschio-femmina. A dicembre colleghiamo il pescivendolo perché il pesce era il segno di Cristo, della sua venuta del mondo e ci si riferiva in epoca romana così al salvatore.